Incipit n. 7

Lei. Lui. E quella strada. Che sembrava non avere fine. Non per loro. Che stavano in silenzio. Senza guardarsi. Aveva deciso lei. Che conosceva il passato. Di lui. Che guidava muto. Come quella sera. Lontana. Quando tutto era più semplice. Ora non restava che il ricordo. Sbiadito. Come le luci. Dei lampioni. Fioche. Che non illuminavano. Non il buio nel loro cuore. Soli. In quella macchina. Una Fiat 500. Modello Multijet 16v 75. Quattro cilindri in linea. Cilindrata 1248 cm cubi. Potenza 55 kW. Che non so. Cosa significhi. Sto copiando. Da Wikipedia. Di motori non capisco. Una mazza. Anche se sono un uomo. Ma non divaghiamo.

… … …  continua … … … 

motore

Incipit n. 6

Incipit(s) alternativi di Pinocchio, per grandi e piccini.

C’era una volta… “Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. E io che puntavo sull’effetto sorpresa…

C’era una volta… “Un pezzo di legno!” diranno subito i miei piccoli lettori. No ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un re.

C’era una volta… “Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. No ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un Sol.

C’era una volta… “Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. No ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di merda.

C’era una volta… “Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. Ecco, se mi interrompete subito mi girano i coglioni. Allora o ve ne state zitti, oppure per me la favola finisce qui. 

pinocchio

 

Incipit n. 5

“Non so” disse.

“Che cosa?” disse.

“Se tutto questo ha un senso” disse.

“Sei delusa, lo sento” disse.

“Non delusa, disincantata” disse.

“Ho cercato di renderti felice” disse.

“Non ti sei mai dato da fare per cambiare veramente la nostra vita” disse.

“Sei ingiusta” disse.

“Anche adesso ad esempio…” disse.

“Vorrei sapere qual è la mia colpa” disse.

“Continui a dire, a dire, a dire! Ci sono già io che sto dicendo! Tu non potresti, ad esempio, affermare, o controbattere, o obiettare, o osservare, o soggiungere?”

“Hai ragione” disse.

…continua…

disse

Incipit n. 4

Bisanzio, 1261. Il placido sciabordio dell’acqua solcata dalle imbarcazioni. I profili delle moschee e dei minareti all’orizzonte. Ogni cosa avvolta da un mistico sopore, mentre il tramonto tingeva il Bosforo della sua luce dorata. Saranno state le 18.15, forse le 18.16, le 18.17 a farla grande. Mi voglio rovinare: le 18.18. In ogni caso non occorre essere così pignoli, dato che a quell’epoca nemmeno loro sapevano così bene che ora era.

…continua…

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Incipit n. 3

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni”. Lo sapeva, cazzo, lo sapeva!!! Seppur di Malavoglia e a prezzo di indicibili fatiche aveva imparato l’incipit dei Promessi Sposi a memoria. Ora nulla e nessuno avrebbe potuto resistergli.

…continua…

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Incipit n. 2

La vecchia giaceva orribilmente riversa al suolo, inerme, inerte, imberbe. L’assassino/a aveva tentato di aggredirla avvalendosi del flit, ma lei aveva opposto resistenza. Allora l’aveva finita con il gas. Ed era fuggito/a senza lasciare traccia. La villa era immersa nel silenzio, a parte il rumore lontano e quasi impercettibile di uno sciacquone. Questo era pane per i denti dell’ispettore Sbrana. Per la verità era un ispettore scolastico, ma sapeva fare bene il suo mestiere.

… continua … 

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