Nessuno è perfetto. Io ad esempio, è innegabile, ho alcuni problemi di salute. Non mi riferisco tanto alla sindrome di Stoccolma, che anzi mi ha dato la spinta decisiva per vincere il Nobel, ma al fatto che sono daltonico sin dalla più tenera età.
Credo che tutti sappiate che cos’è il daltonismo (così chiamato da George Jacques Dalton, il rivoluzionario). A me ha procurato non pochi problemi. Innanzitutto per quanto riguarda la politica. Quando ad esempio militavo nella Federazione Giovanile Comunista durante i cortei cantavo a squarciagola “Avanti popolo, bandiera gialla!” e i compagni pensavano che li volessi prendere in giro (in compenso anche oggi al karaoke quando intono l’immortale brano di Gianni Pettenati, mi capita di cantare “Finché vedrai sventolar bandiera rossa” e mi si accusa di bolscevismo culturale). Per anni e anni avrei voluto votare i Verdi, ma non sono riuscito ad individuare il simbolo nella scheda. Non ho potuto partecipare alle manifestazioni del Popolo Viola o del Movimento Arancione. Volevo acquistare una bandiera della Pace e invece ne ho acquistata una del Gambia. E non vi dico cos’è successo quando mi sono presentato a Pontida con la maglietta ocra.
Una sola volta sono stato allo stadio e mi hanno malmenato perché avevo sbagliato tifoseria. Ma la cosa che più mi amareggia è quella di avere dovuto rinunciare a moltissimi proverbi e modi di dire. In passato infatti capitava che io mi rivolgessi ai miei amici con frasi di questo tipo: “Ragazzi, la situazione non è certo amaranto. Anzi, io la vedo proprio turchese!”, oppure, mostrando il portafoglio vuoto: “Ragazzi, scusate, ma sono rimasto al fucsia!”, oppure ancora: “No, non sono arrabbiato, sono proprio incazzato beige!”.
In un momento di particolare sconforto mi è capitato anche di scrivere una poesia. Se ben ricordo faceva così:
Uomini, perché mi dileggiate?
Chi v’è tra voi che dirsi migliore possa?
Perché piuttosto non mi dimostrate,
o crudeli, che il cielo non è viola
e la cacca non è rossa?
