Da tempo sono attanagliato da un dubbio: quando bisogna dire che una persona ha o non ha onestà intellettuale? Vi faccio alcuni esempi.
Tempo fa un mio amico che da giovane aveva vissuto la stagione del ’68 e militato nella sinistra extraparlamentare mi diceva: “La cosiddetta rivoluzione del ’68 si è presentata come marxista, ma in realtà non era altro che una forma di autocritica della borghesia. Noi all’epoca non lo capimmo. Forse solo Pasolini ebbe la lucidità di comprendere che la vera rivoluzione, quella neocapitalistica, era già avvenuta nella struttura”. Io, sinceramente ammirato, mi sono permesso di rivolgergli un complimento: “Questa tua autocritica ti fa onore. Sei evidentemente una persona di grande onestà”. A quel punto ho notato che mi guardava un po’ storto, come se nelle mie parole mancasse qualcosa. “Intendevo dire” mi sono affrettato ad aggiungere “che sei una persona di grande onestà intellettuale”. Si è subito rasserenato e mi ha sorriso come a dire “Così va meglio”.
L’altro giorno ero a casa mia e ho ordinato una pizza da asporto. Dopo mezz’ora arriva il ragazzo con la pizza e io lo pago. Stavo già per richiudere la porta quando questo mi fa: “Guardi signore che mi ha dato 50 euro, non 10!”. E io: “Oh, mi scusi, sono un po’ miope. La ringrazio. Non si trovano sempre persone con la sua onestà intellettuale”. Lui mi guarda stranito: “Prego?”. Mi sembrava quasi imbarazzato, e allora mi sono subito corretto: “Dicevo semplicemente che non si trovano sempre persone con la sua onestà”.
Riflettendo su questi due episodi, ho cercato di riordinare le idee, e mi pareva di avere capito: l’onestà intellettuale ce l’hanno, appunto, gli intellettuali, o comunque le persone importanti, e bisogna che anche gli argomenti di cui si parla siano di un certo livello. Un portapizze, ad esempio, non può avere una grande onestà intellettuale, ma solo una grande onestà e basta.
Però ieri è successo che stavo uscendo dal tram in mezzo ad una folla di gente e un bambino, che ha detto di chiamarsi Luigino, mi è corso incontro con in mano il mio portafoglio: “Signore, signore! Guardi che le è scivolato dalla tasca!”. A quel punto, emozionato e commosso, l’ho abbracciato e gli ho promesso che gli avrei comprato un gelato come premio per la sua onestà. Lui mi ha ringraziato, ma ha anche puntualizzato: “Quando parla di onestà in riferimento alla mia persona la pregherei, cortesemente, di aggiungere l’aggettivo ‘intellettuale’ “.
Sono molto confuso.